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Quale è la radice della violenza sulle donne?


Artwork Donna che piange collage

Siamo sempre assillati da notizie di cronaca che riguardano a vario titolo la violenza sulle donne fino alle notizie strazianti dei femminicidi.


Come è possibile che si perpetuino crimini assurdi come questi, quale logica soggiace a questi atti?


Per riflettere

Dobbiamo ripensare l’inizio. L’inizio della vita di ognuno di noi e cercare di dare un nuovo significato a vecchie formule. Tutti abbiamo usato, almeno qualche volta nella nostra vita, espressioni legate all’amore materno in quanto gratuito o al “fatto” che l’amore paterno, invece, dobbiamo meritarcelo. Nel mio studio analitico, di continuo, sento i miei pazienti lamentarsi del non funzionamento di queste strutture mentali e con fatica lavoriamo nel tentativo di “aggiustare” questi fantasmi fondamentali della nostra vita. Sembra scontato che tutti noi si passi dalle braccia accudenti e piene di doni della mamma alla legge del padre che regola e dosi il proprio amore in relazione al nostro merito. Ma è proprio così? Fa parte di un percorso “naturale”, quello che noi analisti chiamiamo l’universalità dell’Edipo, oppure è solo una struttura culturale dalla quale ci possiamo anche liberare?


Una cosa è certa la regola del merito è quella che, in qualche modo, poi prefigurerà tutte le relazioni secondo la logica dello scambio, compreso quello che sta alla base del funzionamento della società di mercato.

La nostra società patriarcale si sviluppa proprio dalla rimozione della dimensione legate al dono materno: la madre dona in modo unilaterale e questo dono genera vita. Senza questa unilateralità nessuno di noi sarebbe vivo, solo questa condizione garantisce all’umanità di sopravvivere, senza questo grembo sociale che accompagna gratuitamente il neonato nel mondo, egli non avrebbe scampo. Allora perché di questo atteggiamento di cura, che ripetiamolo è la base della vita, non ne rimane traccia nel funzionamento sociale? Per quale motivo dobbiamo passare, per forza, dalla logica del dono a quella dello scambio?

Siamo in molti a renderci conto che la società così come è organizzata ha bisogno di cambiare corso - siamo di continuo in mezzo a crisi economiche, guerre, situazioni di violenza generalizzata, povertà estrema, ecc. - ma è altrettanto complicato pensare ad un’alternativa a un funzionamento ormai dato per scontato.


Forse dovremmo incominciare a pensare ad una nuova forma di legame simbolico che non passa più attraverso lo scambio legato alla logica del padre ma non abbandoni la radice del dono legato alla funzione accudente della figura materna.

Figura materna, che non è solo la madre, ma sarebbe a quel punto una rete sociale che saprebbe fare fronte alle fragilità dell’altro donando sé e in questo sostenendoci, proprio, nella nostra reciproca fragilità.

La violenza sulle donne si dimostra proprio come il sintomo principale di un sistema che non può più funzionare nella riproduzione coatta del medesimo. Qualcosa deve cambiare.


È per forza utopico pensarla in questa maniera? Dobbiamo sempre pensarci in una società mediata dai rapporti di forza oppure ripensare anche ad una nuova reciprocità che mette al centro il dono e la gratuità nel rapporto con l’altro?

 
 
 

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